venerdì 20 aprile 2012

LA TRUFFA DEL SOLE CHE SORGEVA AL NORD


di Lino Patruno

I diamanti rubati faranno più bene alla Lega Nord di quanto non abbiano fatto finora tutte le sparate di Bossi. Perché hanno messo a nudo il re. Rivelandolo non più presentabile di altri, ridicolizzandone l’arroganza di migliore, irridendone la pretesa di fare la lezione.
Nessuno dimentica il cappio col quale gli allegri compari in cravatta verde si presentarono in Parlamento dopo Tangentopoli: dovete andare tutti alla forca. E inutile che stiano a ripetere che, loro, si sono distinti facendo immediatamente piazza pulita di chi usava il denaro pubblico per comprarsi lingotti, ville. Porsche. Non fosse intervenuta la solita magistratura, oggi il Trota figlio di Bossi continuerebbe a essere adorato come un dio Maya.

Fosse però solo questo, sarebbe un’altra dose di disgusto per tutti i mariuoli della politica.
Ma siccome con puro volto bronzeo qualcuno di loro è tornato a parlare di federalismo, allora occorre superare la cronaca nera. Lo ha fatto il presidente del Piemonte, Cota, quello che ha il padre di San Severo ma fa finta di niente per non rivelare un neo nella sua pura razza padana. Però il ritorno come un disco rotto al federalismo riporta ai gridi di battaglia di un partito che, volendo spaccare l’Italia, invece di essere messo al bando è stato messo al governo dello stesso Paese che vuole spaccare.

La Lega nacque in guerra contro “Roma ladrona” che a suo dire toglieva soldi al Nord per darli al Sud. Quindi anzitutto una battaglia fiscale: meno tasse. Poi più libertà e liberalizzazioni. Più mercato meno Stato per le imprese di fronte alla nuova selvaggia concorrenza globale di un mondo senza più frontiere né dogane. Infine rottura con una malapolitica più attenta ai suoi privilegi che al Paese. Sintesi di tutto, il federalismo. Che partì come l’arma perfetta perché ci fosse più responsabilità nella spesa locale (ovviamente del Sud), condizione per avere lo stesso livello di servizi senza sprechi (la famosa siringa che costerebbe più al Sud che al Nord).

Ci poteva pure stare. Se si fosse tenuto conto che per non accentuare il divario economico fra Nord e Sud occorreva partire alla pari, soprattutto in quei beni pubblici (le infrastrutture) fondamentali per lo sviluppo: strade, autostrade, porti, aeroporti, ospedali, università, banche, già al 40 per cento in meno al Sud. Previsto quindi un fondo di perequazione. Con un meccanismo per cui lo Stato toglieva meno soldi ma anche meno ne passava a Regioni, Comuni, Province, che dovevano provvedere molto più di prima da sé. Così i più bravi ce l’avrebbero fatta, i più spendaccioni avrebbero dovuto imporre nuove tasse e vedersi fucilare dai cittadini.
Strada facendo però questo federalismo ha preso altre direzioni. Con la nuova parola d’ordine nordista: ciascuno si tiene i suoi soldi, alla faccia di un Paese unito. Nessuno sa che fine abbia fatto il fondo di perequazione. Né l’impegno sulle infrastrutture. Soprattutto non è diminuita la tassazione dello Stato perché non è diminuita la sua spesa, anzi: e proprio mentre stava al governo la stessa Lega. Così aumentavano sia le tasse statali che quelle locali: la Lega contribuiva a violare il suo stesso primo comandamento. Né i governi a trazione leghista hanno fatto nulla per le liberalizzazioni, smentendosi per la seconda volta.

Infine l’Ici, fondamento della tassazione locale. Col governo Monti diventata Imu, e non solo per cambiarle nome: metà dell’introito va ora allo Stato. Addio sogni di tassazione locale, di autonomia, di responsabilità, di ciascuno si governa da sé. E anche questo grazie a una crisi che la stessa Lega ha contribuito ad aggravare dicendo che va tutto bene, siamo i più bravi d’Europa.
Ma il crollo delle piccole imprese del Nord, le chiusure; i fallimenti, i suicidi hanno fatto capire che i problemi del Belpaese non dipendevano dal Sud parassita. Dipendevano dalla folle spesa dello Stato, dall’evasione fiscale, dalla corruzione, da una pubblica amministrazione asfissiante. dagli egoismi delle categorie che paralizzano tanto il Nord quanto il Sud. E rispetto ai quali la Lega per prima ha tradito i suoi elettori, molto più di quanto non abbiano fatto il tesoriere Belsito e il cerchio magico di farabutti che circondava Bossi a sua insaputa, naturalmente.
Se questa è l’aria, non si capisce perché si dovrebbe votare Lega, dato anche che vi si ruba non meno che altrove. Dato il fallimento di tutto un programma. E dato che, di fronte alla crisi, il Nord non regge (purtroppo, sia chiaro) più del Sud, il quale non reggeva neanche prima. Il Nord e il Sud con gli stessi problemi, anche se il Sud di più. Non Questione Settentrionale e Questione Meridionale ma Questione Italiana. Il Paese si salva tutto insieme, anzi si salva più al Sud dove c’è tanto da fare e fame di fare. Tutto il resto è noia, o razzismo: ma allora è un’altra storia.


Fonte: La Gazzetta del Mezzogiorno


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di Lino Patruno

I diamanti rubati faranno più bene alla Lega Nord di quanto non abbiano fatto finora tutte le sparate di Bossi. Perché hanno messo a nudo il re. Rivelandolo non più presentabile di altri, ridicolizzandone l’arroganza di migliore, irridendone la pretesa di fare la lezione.
Nessuno dimentica il cappio col quale gli allegri compari in cravatta verde si presentarono in Parlamento dopo Tangentopoli: dovete andare tutti alla forca. E inutile che stiano a ripetere che, loro, si sono distinti facendo immediatamente piazza pulita di chi usava il denaro pubblico per comprarsi lingotti, ville. Porsche. Non fosse intervenuta la solita magistratura, oggi il Trota figlio di Bossi continuerebbe a essere adorato come un dio Maya.

Fosse però solo questo, sarebbe un’altra dose di disgusto per tutti i mariuoli della politica.
Ma siccome con puro volto bronzeo qualcuno di loro è tornato a parlare di federalismo, allora occorre superare la cronaca nera. Lo ha fatto il presidente del Piemonte, Cota, quello che ha il padre di San Severo ma fa finta di niente per non rivelare un neo nella sua pura razza padana. Però il ritorno come un disco rotto al federalismo riporta ai gridi di battaglia di un partito che, volendo spaccare l’Italia, invece di essere messo al bando è stato messo al governo dello stesso Paese che vuole spaccare.

La Lega nacque in guerra contro “Roma ladrona” che a suo dire toglieva soldi al Nord per darli al Sud. Quindi anzitutto una battaglia fiscale: meno tasse. Poi più libertà e liberalizzazioni. Più mercato meno Stato per le imprese di fronte alla nuova selvaggia concorrenza globale di un mondo senza più frontiere né dogane. Infine rottura con una malapolitica più attenta ai suoi privilegi che al Paese. Sintesi di tutto, il federalismo. Che partì come l’arma perfetta perché ci fosse più responsabilità nella spesa locale (ovviamente del Sud), condizione per avere lo stesso livello di servizi senza sprechi (la famosa siringa che costerebbe più al Sud che al Nord).

Ci poteva pure stare. Se si fosse tenuto conto che per non accentuare il divario economico fra Nord e Sud occorreva partire alla pari, soprattutto in quei beni pubblici (le infrastrutture) fondamentali per lo sviluppo: strade, autostrade, porti, aeroporti, ospedali, università, banche, già al 40 per cento in meno al Sud. Previsto quindi un fondo di perequazione. Con un meccanismo per cui lo Stato toglieva meno soldi ma anche meno ne passava a Regioni, Comuni, Province, che dovevano provvedere molto più di prima da sé. Così i più bravi ce l’avrebbero fatta, i più spendaccioni avrebbero dovuto imporre nuove tasse e vedersi fucilare dai cittadini.
Strada facendo però questo federalismo ha preso altre direzioni. Con la nuova parola d’ordine nordista: ciascuno si tiene i suoi soldi, alla faccia di un Paese unito. Nessuno sa che fine abbia fatto il fondo di perequazione. Né l’impegno sulle infrastrutture. Soprattutto non è diminuita la tassazione dello Stato perché non è diminuita la sua spesa, anzi: e proprio mentre stava al governo la stessa Lega. Così aumentavano sia le tasse statali che quelle locali: la Lega contribuiva a violare il suo stesso primo comandamento. Né i governi a trazione leghista hanno fatto nulla per le liberalizzazioni, smentendosi per la seconda volta.

Infine l’Ici, fondamento della tassazione locale. Col governo Monti diventata Imu, e non solo per cambiarle nome: metà dell’introito va ora allo Stato. Addio sogni di tassazione locale, di autonomia, di responsabilità, di ciascuno si governa da sé. E anche questo grazie a una crisi che la stessa Lega ha contribuito ad aggravare dicendo che va tutto bene, siamo i più bravi d’Europa.
Ma il crollo delle piccole imprese del Nord, le chiusure; i fallimenti, i suicidi hanno fatto capire che i problemi del Belpaese non dipendevano dal Sud parassita. Dipendevano dalla folle spesa dello Stato, dall’evasione fiscale, dalla corruzione, da una pubblica amministrazione asfissiante. dagli egoismi delle categorie che paralizzano tanto il Nord quanto il Sud. E rispetto ai quali la Lega per prima ha tradito i suoi elettori, molto più di quanto non abbiano fatto il tesoriere Belsito e il cerchio magico di farabutti che circondava Bossi a sua insaputa, naturalmente.
Se questa è l’aria, non si capisce perché si dovrebbe votare Lega, dato anche che vi si ruba non meno che altrove. Dato il fallimento di tutto un programma. E dato che, di fronte alla crisi, il Nord non regge (purtroppo, sia chiaro) più del Sud, il quale non reggeva neanche prima. Il Nord e il Sud con gli stessi problemi, anche se il Sud di più. Non Questione Settentrionale e Questione Meridionale ma Questione Italiana. Il Paese si salva tutto insieme, anzi si salva più al Sud dove c’è tanto da fare e fame di fare. Tutto il resto è noia, o razzismo: ma allora è un’altra storia.


Fonte: La Gazzetta del Mezzogiorno


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