giovedì 6 ottobre 2011

Energie rinnovabili, Meridionalismo e sottosviluppo - di N. Salerno


Gira la voce circa il fatto che il grande potenziale di fonti di energia rinnovabile di cui le regioni del mezzogiorno sembrano godere rappresenta il futuro del meridione. Siccome tale voce circola anche su siti e blog di alcuni partiti che si dicono meridionalisti, penso sia utile fare qualche riflessione in merito.
Non penso serva una laurea in economia per capire che avere a disposizione energia a buon mercato costituisce un vantaggio in termini di competitività. La domanda che invece ci si dovrebbe porre è se limitarsi a produrre solo energia sia sufficiente per far uscire un paese o una parte di esso dalla condizione di sottosviluppo e di conseguente disoccupazione.

Per intenderci, per molti anni paesi di milioni di persone (ad esempio i paesi arabi), pur essendo produttori di petrolio, non sono riusciti ad emanciparsi dallo sfruttamento e dal sottosviluppo. Solo in pochi si sono arricchiti, mentre il popolo emigra nei paesi importatori del loro stesso petrolio. Perché? Il motivo è molto semplice. Se non hai a disposizione un sistema produttivo capace di assorbire il petrolio estratto o gran parte di esso, tutto quello che puoi fare è venderlo agli altri paesi industrializzati. D’altro canto, non avendo un sistema produttivo proprio, devi importare tutti i beni dall’estero. In sintesi vendi materia prima grezza e importi merci e prodotti lavorati. Dovendo compensare il surplus del lavoro necessario per trasformare la materia prima in merci e beni ne consegue una bilancia commerciale sempre in negativo.

Per rimanere nel nostro paese, possiamo guardare alla Basilicata. La Lucania fornisce il 10% del fabbisogno nazionale di petrolio, ma, a parte qualche decimale in più sul PIL, continua a navigare nelle acque del sottosviluppo (come attestano sia la Banda D’Italia che l’ultimo rapporto Svimez) senza mostrare segni distintivi di crescita rispetto alle altre regioni meridionali.
Tra l’altro concentrare le risorse solo sulla generazione di energia, porterebbe ad una crescita dell’offerta e al conseguente abbassamento dei prezzi a tutto svantaggio delle stesse regioni meridionali. Va bene quindi investire sulle energie rinnovabili, purché le politiche di sviluppo non si limitano solo a questo settore.

Senza una crescita armonica e sistemica di un apparato produttivo e dei servizi, di un opportuno sistema creditizio mirato alle esigenze del meridione, un qualche meccanismo di “accompagnamento” al mercato delle novelle industrie ed imprese, la realizzazione delle infrastrutture e investimenti in ricerca e sviluppo, non si creeranno mai le condizioni per invertire la tendenza e impedire che nei prossimi anni il sud subisca una ennesima amputazione demografica.

Sebbene la riflessione possa apparire semplice e quasi banale, essa può, a mio modesto avviso, ben servire da metro per misurare la bontà delle politiche che verranno messe in atto (sempre se ciò avverrà) sia dai governi nazionali che da quelli regionali. Con lo stesso metro si potrà altresì misurare la credibilità dei partiti e/o dei politici. Soprattutto potrà aiutare a capire chi realmente ha a cuore il destino del meridione e discernere così l’erba buona da quella cattiva, ovvero il meridionalismo buono dal meridionalismo cattivo.

A titolo di esempio, si potrà discernere tra chi si limita a sbandierare l’illusione delle energia rinnovabile quale unico atto salvifico del meridione senza adoperarsi in altro.
E chi viceversa, insieme allo sviluppo delle fonte rinnovabili, si prodiga da un lato a creare le condizioni reali di sviluppo, pretendendo dallo stato progetti e finanziamenti (circa 61 miliardi di euro secondo lo Svimez) e dall’altro ad evitare che realtà aziendali già esistenti (vedi Alenia Aeronautica, Termini Imerese, …) non subiscano la stessa sorte toccata a Pietrarsa, Mongiana, San Leucio, Cantieristica navale, Cirio, etc.,

Nicola Salerno


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Gira la voce circa il fatto che il grande potenziale di fonti di energia rinnovabile di cui le regioni del mezzogiorno sembrano godere rappresenta il futuro del meridione. Siccome tale voce circola anche su siti e blog di alcuni partiti che si dicono meridionalisti, penso sia utile fare qualche riflessione in merito.
Non penso serva una laurea in economia per capire che avere a disposizione energia a buon mercato costituisce un vantaggio in termini di competitività. La domanda che invece ci si dovrebbe porre è se limitarsi a produrre solo energia sia sufficiente per far uscire un paese o una parte di esso dalla condizione di sottosviluppo e di conseguente disoccupazione.

Per intenderci, per molti anni paesi di milioni di persone (ad esempio i paesi arabi), pur essendo produttori di petrolio, non sono riusciti ad emanciparsi dallo sfruttamento e dal sottosviluppo. Solo in pochi si sono arricchiti, mentre il popolo emigra nei paesi importatori del loro stesso petrolio. Perché? Il motivo è molto semplice. Se non hai a disposizione un sistema produttivo capace di assorbire il petrolio estratto o gran parte di esso, tutto quello che puoi fare è venderlo agli altri paesi industrializzati. D’altro canto, non avendo un sistema produttivo proprio, devi importare tutti i beni dall’estero. In sintesi vendi materia prima grezza e importi merci e prodotti lavorati. Dovendo compensare il surplus del lavoro necessario per trasformare la materia prima in merci e beni ne consegue una bilancia commerciale sempre in negativo.

Per rimanere nel nostro paese, possiamo guardare alla Basilicata. La Lucania fornisce il 10% del fabbisogno nazionale di petrolio, ma, a parte qualche decimale in più sul PIL, continua a navigare nelle acque del sottosviluppo (come attestano sia la Banda D’Italia che l’ultimo rapporto Svimez) senza mostrare segni distintivi di crescita rispetto alle altre regioni meridionali.
Tra l’altro concentrare le risorse solo sulla generazione di energia, porterebbe ad una crescita dell’offerta e al conseguente abbassamento dei prezzi a tutto svantaggio delle stesse regioni meridionali. Va bene quindi investire sulle energie rinnovabili, purché le politiche di sviluppo non si limitano solo a questo settore.

Senza una crescita armonica e sistemica di un apparato produttivo e dei servizi, di un opportuno sistema creditizio mirato alle esigenze del meridione, un qualche meccanismo di “accompagnamento” al mercato delle novelle industrie ed imprese, la realizzazione delle infrastrutture e investimenti in ricerca e sviluppo, non si creeranno mai le condizioni per invertire la tendenza e impedire che nei prossimi anni il sud subisca una ennesima amputazione demografica.

Sebbene la riflessione possa apparire semplice e quasi banale, essa può, a mio modesto avviso, ben servire da metro per misurare la bontà delle politiche che verranno messe in atto (sempre se ciò avverrà) sia dai governi nazionali che da quelli regionali. Con lo stesso metro si potrà altresì misurare la credibilità dei partiti e/o dei politici. Soprattutto potrà aiutare a capire chi realmente ha a cuore il destino del meridione e discernere così l’erba buona da quella cattiva, ovvero il meridionalismo buono dal meridionalismo cattivo.

A titolo di esempio, si potrà discernere tra chi si limita a sbandierare l’illusione delle energia rinnovabile quale unico atto salvifico del meridione senza adoperarsi in altro.
E chi viceversa, insieme allo sviluppo delle fonte rinnovabili, si prodiga da un lato a creare le condizioni reali di sviluppo, pretendendo dallo stato progetti e finanziamenti (circa 61 miliardi di euro secondo lo Svimez) e dall’altro ad evitare che realtà aziendali già esistenti (vedi Alenia Aeronautica, Termini Imerese, …) non subiscano la stessa sorte toccata a Pietrarsa, Mongiana, San Leucio, Cantieristica navale, Cirio, etc.,

Nicola Salerno


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5 commenti:

piero tronca ha detto...

sulle potenzialità del fotovoltaico nel sud e sulla sua forte eventuale ricaduta economica per le istituzioni locali soprattutto in presenza di federalismo fiscale, ho già avuto il piacere di avere pubblicata una mia nota sul blog alcuni mesi fa. E' chiaro che quello dell'energia, non solo per il sud, non può essere l'asse portante di un progetto di rivitalizzazione e di rinascita (e chi come me si è cimentato a fare il sindaco in un piccolo comune delle montagne aquilane ne sa qualcosa). Un modello economico basato sulla sostenibilità, sulla difesa del territorio, sulla valorizzazione delle grandi risorse delle terre meridionali, sulla loro centralità nel Mediterraneo, sul restituire un senso all'industria, sarà (perchè accadrà di certo) alla base del nostro futuro. Proprio in un simile modello va inserita la progettazione sostenibile delle fonti energetiche rinnovabili e delle filiere ad esse collegabili, che non vuol dire non farle, o farle come ridicolo maquillage su frangisole, ma vuol dire saperle fare anche in grandi dimensioni, in modo reversibile e non impattante. Non dimentichiamo mai che questo governo ha tentato di affosarle perchè voleva portarci il nucleare (che quelli come me pensavano di avere già sconfitto quasi 20 anni fa), adducendo come motivazione che le priorità sono altre, che rovinano l'agricoltura, che sono inutili ..... Io la mia disponibiità a lavorare ad un dibattito e alla elaborazione di un modello di vita per il sud la do subito.
Piero Tronca

NON MI ARRENDO ha detto...

Condivisibili le cosa che dici Piero, approfondiamo via email: info@partitodelsud.eu

Un Brigantello ha detto...

Caro Nicola ho avuto il piacere e l'onore di leggere il tuo articolo. E' certamente alquanto significativo e riflessivo. Ormai si sa, per scontato, che il "Mio e Tuo" amato Sud rappresenta, sempre e purtroppo, la "Cenerentola" della situazione. Penso che non ci sia miglior sordo di colui che fa finta di non sentire. Il Governo Berlusconi avrebbe forse bisogno di un apprecchio acustico o di qualcos' altro?!?!???
Tanti saluti
Tommaso

Anonimo ha detto...

Al fine di chiarire meglio il concetto che desideravo esporre, permettetemi di aggiungere le seguenti riflessioni.
Il tema delle energie rinnovabili va inquadrato (almeno) secondo due aspetti distinti:
1) La produzione propria di energia da fonti rinnovabili;
2) Lo sviluppo, progetto e costruzione delle tecnologie abilitanti per la generazione di energia da fonti rinnovabili;

Il contributo ovviamente si riferisce al primo punto. Infatti si parla in modo indistinto di estrazione di petrolio e produzione di energia rinnovabili.

Nel caso quindi la politica nazionale e/o il Grande Sud hanno in mente di far diventare il meridione una immensa centrale di energia rinnovabile, ma di progettare e costruire i pannelli fotovoltaici, le pale, e quant'altro nel nord, allora ho qualche dubbio che questo aiuterà il meridione.

Viceversa se invece si ha la volontà di far decollare nel meridione anche l'industria, la ricerca e lo sviluppo degli impianti e delle tecnologie per produrre energia rinnovabile in modo competitivo, allora questo può essere di sicuro giovamento per il mezzoggiorno.

Infatti in questo modo si contribuirebbe alla creazione di posti di lavoro stabili. Per le università e i centri di ricerca meridionali si creerebbero occasioni di collaborazione con l’industria dando modo a molti giovani meridionali di trovare soddisfazione nella loro terra. Si creerebbe un sistema virtuoso che potrebbe senz’altro essere un valido pezzo del mosaico che aiuterebbe il risorgimento del meridione.

Nicola Salerno ha detto...

Scusate, ma avevo omesso la mia firma al commento.

Al fine di chiarire meglio il concetto che desideravo esporre, permettetemi di aggiungere le seguenti riflessioni.
Il tema delle energie rinnovabili va inquadrato (almeno) secondo due aspetti distinti:
1) La produzione propria di energia da fonti rinnovabili;
2) Lo sviluppo, progetto e costruzione delle tecnologie abilitanti per la generazione di energia da fonti rinnovabili;

Il contributo ovviamente si riferisce al primo punto. Infatti si parla in modo indistinto di estrazione di petrolio e produzione di energia da fonti rinnovabili.

Nel caso quindi la politica nazionale e/o il Grande Sud avessero in mente di far diventare il meridione una immensa centrale di energia rinnovabile, ma di progettare e costruire i pannelli fotovoltaici, le pale, e quant'altro nel nord, o altrove allora ho qualche dubbio che questo aiuterà il meridione ad emanciparsi.

Viceversa se invece si ha la volontà di far decollare nel meridione anche l'industria, la ricerca e lo sviluppo degli impianti e delle tecnologie abilitanti per produrre energia rinnovabile in modo competitivo, allora questo può essere di sicuro giovamento per il mezzoggiorno.

Infatti in questo modo si contribuirebbe alla creazione di posti di lavoro stabili. Per le università e i centri di ricerca meridionali si creerebbero opportunità di collaborazione con l’industria dando modo a molti giovani meridionali di trovare soddisfazione nella loro terra. Si creerebbe un sistema virtuoso che potrebbe senz’altro essere un valido pezzo del mosaico che aiuterebbe il risorgimento del meridione.
Nicola Salerno

 
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