domenica 18 settembre 2011

"Nessun tentativo di liberazione? Ce lo hanno chiesto le famiglie"

Risposta del governo dopo gli accorati appelli per gli italiani nelle mani dei pirati somali: "Intervento militare escluso su specifica richiesta". E Palazzo Chigi nega la possibilità di riscatto: "Nessuna azione di favoreggiamento alla pirateria"

ROMA - Il Governo italiano non è intervenuto militarmente per liberare gli italiani in ostaggio sulla nave Savina Caylyn su specifica richiesta delle famiglie. E' la risposta di Palazzo Chigi all'appello per la liberazione dei rapiti lanciato dopo la drammatica telefonata 1 dell'ufficiale Eugenio Bon a suo padre.

"Su specifica richiesta delle famiglie non si e' finora percorsa la strada dell'intervento militare per la liberazione degli ostaggi", si legge in una nota di Palazzo Chigi diramata in seguito a un incontro tra il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Gianni Letta e i familiari dei sequestrati. "Il Governo - si specifica - non può d'altra parte sostenere alcuna azione che si traduca in favoreggiamento del fenomeno della pirateria". In altri termini, l'esecutivo esclude la possibilità di pagare un riscatto per ottenere la liberazione. "Le famiglie dei connazionali sequestrati - prosegue il comunicato - hanno incontrato i massimi vertici istituzionali che hanno loro assicurato il massimo impegno del Governo".

La comunicazione ufficiale arriva due giorni dopo un altro incontro, alla Farnesina 2, al termine del quale
Nicola Verricchia, figlio del direttore di macchine della Savina Caylyn, Antonio Verrecchia, aveva fatto sapere che la situazione era "in stallo". "Abbiamo chiesto se lo Stato italiano potesse garantire sull'incolumità dei cinque italiani sequestrati a bordo della nave - aveva precisato Verrecchia - Ci hanno risposto con supposizioni derivanti da un monitoraggio che si basa solo sulle imbarcazioni che si avvicinano alla petroliera, e null'altro. Sulla trattativa ci hanno detto ancora una volta che è in corso e che hanno incontrato l'armatore della nave".

Sempre due giorni fa, in una drammatica telefonata alla moglie, il comandante della nave, Giuseppe Lubrano Lavadera aveva detto: "Stiamo male, aiutateci ad uscire da questa nave perchè se non andremo via subito qualcuno non tornerà a casa".

La Savina Caylyn è stata sequestrata l'8 febbraio al largo delle coste della Somalia da un gruppo di pirati somali. Ventidue gli uomini dell'equipaggio, tra cui 5 italiani: il comandante Giuseppe Lubrano Lavadera, 47 anni, originario di Procida, il direttore di macchina Antonio Verrecchia, 62 anni, di Gaeta, l’allievo di coperta Gianmaria Cesaro, sorrentino, classe 1985, il triestino Eugenio Bon, 30 anni, primo ufficiale di coperta e il terzo ufficiale di coperta, Crescenzo Guardascione, 40 anni, anche lui procidano.

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Risposta del governo dopo gli accorati appelli per gli italiani nelle mani dei pirati somali: "Intervento militare escluso su specifica richiesta". E Palazzo Chigi nega la possibilità di riscatto: "Nessuna azione di favoreggiamento alla pirateria"

ROMA - Il Governo italiano non è intervenuto militarmente per liberare gli italiani in ostaggio sulla nave Savina Caylyn su specifica richiesta delle famiglie. E' la risposta di Palazzo Chigi all'appello per la liberazione dei rapiti lanciato dopo la drammatica telefonata 1 dell'ufficiale Eugenio Bon a suo padre.

"Su specifica richiesta delle famiglie non si e' finora percorsa la strada dell'intervento militare per la liberazione degli ostaggi", si legge in una nota di Palazzo Chigi diramata in seguito a un incontro tra il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Gianni Letta e i familiari dei sequestrati. "Il Governo - si specifica - non può d'altra parte sostenere alcuna azione che si traduca in favoreggiamento del fenomeno della pirateria". In altri termini, l'esecutivo esclude la possibilità di pagare un riscatto per ottenere la liberazione. "Le famiglie dei connazionali sequestrati - prosegue il comunicato - hanno incontrato i massimi vertici istituzionali che hanno loro assicurato il massimo impegno del Governo".

La comunicazione ufficiale arriva due giorni dopo un altro incontro, alla Farnesina 2, al termine del quale
Nicola Verricchia, figlio del direttore di macchine della Savina Caylyn, Antonio Verrecchia, aveva fatto sapere che la situazione era "in stallo". "Abbiamo chiesto se lo Stato italiano potesse garantire sull'incolumità dei cinque italiani sequestrati a bordo della nave - aveva precisato Verrecchia - Ci hanno risposto con supposizioni derivanti da un monitoraggio che si basa solo sulle imbarcazioni che si avvicinano alla petroliera, e null'altro. Sulla trattativa ci hanno detto ancora una volta che è in corso e che hanno incontrato l'armatore della nave".

Sempre due giorni fa, in una drammatica telefonata alla moglie, il comandante della nave, Giuseppe Lubrano Lavadera aveva detto: "Stiamo male, aiutateci ad uscire da questa nave perchè se non andremo via subito qualcuno non tornerà a casa".

La Savina Caylyn è stata sequestrata l'8 febbraio al largo delle coste della Somalia da un gruppo di pirati somali. Ventidue gli uomini dell'equipaggio, tra cui 5 italiani: il comandante Giuseppe Lubrano Lavadera, 47 anni, originario di Procida, il direttore di macchina Antonio Verrecchia, 62 anni, di Gaeta, l’allievo di coperta Gianmaria Cesaro, sorrentino, classe 1985, il triestino Eugenio Bon, 30 anni, primo ufficiale di coperta e il terzo ufficiale di coperta, Crescenzo Guardascione, 40 anni, anche lui procidano.

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