giovedì 11 agosto 2011

Propaganda e luoghi comuni sul Rapporto socio - economico Nord - Sud Italia ( articolo inviato al quotidiano L'Arena di Verona)

Ricevo e posto con condivisione:


Vorrei esprimere alcune riflessioni sulla lettera dell’Assessore Veneto Ciambetti, pubblicata sull’Arena del 9 agosto , riguardo la crisi economica nazionale.

Nel rilevare i contenuti, piuttosto stereotipati, tipici del pensiero “leghista” volti a confermare il fatto che sono soprattutto le Regioni “virtuose” del Nord a pagare il prezzo della crisi, vorrei tentare di offrire, da meridionalista, una chiave di lettura alternativa, ma soprattutto più approfondita sul rapporto socio-economico Nord-Sud, che vada un pò al di sopra di quello scontato livello dialettico da “osteria”, che prevede un Nord virtuoso, laborioso e onesto, contrapposto al Sud parassita, incapace e disonesto.

Và segnalato che nel Sud Italia, si sta creando un largo moto di ribellione alle accuse di parassitismo e inadeguatezza, di entità direttamente proporzionale agli affondi che la Lega Nord sta mettendo in atto da quando è al potere, grazie a molta gente comune, studiosi e intellettuali meridionalisti ( da non confondere con il movimento pseudo meridionalisti di Miccichè, contiguo e connivente con il governo Berlusconi e indirettamente con la lega) che si pongono l’obiettivo di sfatare tutti i luoghi comuni, perpetuati da un secolo e mezzo, verso i meridionali.

Sul divario Nord-Sud e sul conseguente prodotto economico, che è stato costruito, almeno in parte, il successo della Lega Nord , cioè senza il Sud la ricchezza pro-capite, dei cittadini della Padania, sarebbe stata maggiore perché lo sgravio fiscale sarebbe stato minore; da cui rivendicazione di federalismo, seccessione etc, oltre che un palese astio verso i cittadini parassiti del Sud (basta ascoltare qualche volta radio Padania).

Da meridionale che vive in Veneto come capita al sottoscritto sin dall’adolescenza, e dopo qualche decennio vissuto col senso di colpa e inferiorità per essere nato al Sud e essere forse portatore di qualche gene abnorme (secondo le teorie Lombrosiane), ciò nonostante il conseguimento di una laurea, di specializzazioni varie, della vincita di una decina di concorsi pubblici (senza raccomandazioni), oltre che di una consolidata affermazione professionale (titoli tutti conseguiti presso Università e Istituzioni del Nord, ciò chiarito per non fugare dubbi), è poi giunto il momento di capire, assieme a molti altri conterranei (meridionali), come stanno realmente le cose.

Ho così scoperto, leggendo, approfondendo e consultando documenti ufficiali, che la storia dell’Unità d’Italia è ben altra cosa rispetto alla storiografia ufficiale e che la ricorrenza dei 150 anni, nel privilegiare la retorica rispetto all’analisi critica, è stata un’occasione persa per meglio spiegare i rapporti tra il Nord e il Sud dell’Italia e che proprio la mancanza di informazioni sull’argomento, è stata la principale generatrice della fortuna della Lega Nord.

Il Regno delle due Sicilie era uno stato pacifico, con una ricchezza molto superiore agli altri stati della penisola e con un livello d’industrializzazione inferiore in Europa soltanto a Francia e Inghilterra. I piemontesi e Garibaldi lo hanno invaso senza una dichiarazione di guerra (così come oltre un secolo dopo fece Saddam Hussein con il Kuwait), e conquistato grazie ad azioni di corruttela degli ufficiali borbonici e all’alleanza con le classi meridionali più losche (mafia e camorra comprese) spogliandolo delle sue ricchezze, chiudendo le sue industrie, massacrando i suoi abitanti (donne e bambini compresi) e soprattutto impedendone lo sviluppo socio-economico a scapito del Nord.

Per chi volesse seguire il percorso storico-culturale, dall’unità fino ai giorni nostri, che spiega alcune della ragioni che hanno reso il Sud subalterno all’economia del Nord, mi limito a consigliare il consulto di scritti di intellettuali ed economisti, sia meridionali che settentrionali, come Nitti, Dorso, Salvemini, Rossi Doria, Saraceno, Sebregondi o, autori più recenti come Aprile, Di Fiore, Ciano, Patruno, Del Boca.

Un’idea piutosto emblematica del problema si può trarre dalle frasi scritte da due grandi intellettuali di segno opposto:“ Lo stato italiano è stato una dittatura feroce che ha messo a ferro e fuoco l’Italia meridionale, crocifiggendo, squartando, seppellendo vivi i contadini poveri che gli scrittori salariati tentarono d’infamare col marchio di briganti “ (A. Gramsci) – “Sì è vero che noi settentrionali abbiamo contribuito qualcosa di meno per l’unità. Peccammo di egoismo quando il settentrione fece una barriera doganale per assicurare alle proprie industrie il monopolio del mercato meridionale. Riuscimmo a far affluire dal Sud al Nord enormi ricchezze” (L. Einaudi).

Ci viene da sempre rinfacciato che il meridione avrebbe beneficiato di ingenti somme, poi sperperate, tramite la cassa per il mezzogiorno; scopro poi che queste somme, dell’entità dello 0,5 % del PIL, dovevano contribuire, tramite un intervento straordinario, a fare quello che nel resto d’Italia veniva effettuato tramite leggi e finanziamenti ordinari.

I presunti o forse veri sperperi dei tempi della Cassa per il Mezzogiorno hanno così reso giustificabile, secondo la morale Leghista, la “raffinata” operazione di trasferimento dei fondi FAS, destinati alle aree sottosviluppate, alla copertura delle multe dei lattai padani.

Giunti ai nostri giorni leggo che l’Economista Paolo Savona (già ministro del governo Ciampi), attraverso una ricerca statistica, ha scoperto che, nel 2010, su 72 miliardi di euro, spesi da cittadini del Sud per beni di consumo, 63 sono andati al Nord e 9 al Sud; ebbene nonostante ciò, i nostri “fratelli” del Nord si lamentano di pagare più tasse, così come il sociologo Ricolfi conferma nel suo tautologico libro “Il sacco del Nord”; secondo la loro logica è giusto che a pagare più tasse siano quelli che guadagnano meno e che arricchiscono gli altri.

Si pretende poi che il Sud diventi competitivo economicamente, dimenticando però che ci sono il 30 % di infrastrutture in meno rispetto al resto del paese, che esiste l’autostrada più disastrata d’Europa, la Salerno-Reggio Calabria, i cui lavori sono in mano anche ad aziende del Nord.

Con questo non si vuole certamente dimenticare le gravi responsabilità di politici meridionali certamente molto più attenti ai loro interessi che non a quelli delle popolazioni che avrebbero dovuto tutelare.

Vengono giustamente messi in risalto sprechi e ruberie da poteri meridionali malavitosi, mentre sembrano più “leggiadri” i livelli di corruzione dei poteri del Nord, basta ricordare l’iter tangentizio scoperto per la costruzione della Metropolitana di Milano negli anni ’80, o le autostrade Torino-Novara o Firenze- Bologna, costate sette otto volte in più di quelle francesi o spagnole.

Mi si potrà certamente accusare di essere di parte e forse lo sono, ma trovo incivile e grossolano individuare, nel Sud, il capro espiatorio dei mali dell’Italia, come se Tangentopoli fosse nata a Napoli e non a Milano (con Bossi condannato per avere intascato tangenti Enimont); oppure come se la truffa Parmalat si fosse sviluppata a Catania piuttosto che nella fantomatica Padania.

Poi si leva la croce al disoccupato calabrese assunto alla forestale che, in mancanza di altri sbocchi lavorativi, guadagna 1200 euro al mese e venga ritenuto un ladro, mentre il figlio di Bossi che di euro al mese ne guadagna all’incirca 12000 (pur risultando uno studente non particolarmente brillante) viene considerato un giovane politico emergente.

Tutto questo succede a dispetto di milioni di cittadini settentrionali onesti, come di milioni di cittadini meridionali onesti.

Vincenzo Cesario

Coord. Provinciale Verona del Partito del Sud


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Vorrei esprimere alcune riflessioni sulla lettera dell’Assessore Veneto Ciambetti, pubblicata sull’Arena del 9 agosto , riguardo la crisi economica nazionale.

Nel rilevare i contenuti, piuttosto stereotipati, tipici del pensiero “leghista” volti a confermare il fatto che sono soprattutto le Regioni “virtuose” del Nord a pagare il prezzo della crisi, vorrei tentare di offrire, da meridionalista, una chiave di lettura alternativa, ma soprattutto più approfondita sul rapporto socio-economico Nord-Sud, che vada un pò al di sopra di quello scontato livello dialettico da “osteria”, che prevede un Nord virtuoso, laborioso e onesto, contrapposto al Sud parassita, incapace e disonesto.

Và segnalato che nel Sud Italia, si sta creando un largo moto di ribellione alle accuse di parassitismo e inadeguatezza, di entità direttamente proporzionale agli affondi che la Lega Nord sta mettendo in atto da quando è al potere, grazie a molta gente comune, studiosi e intellettuali meridionalisti ( da non confondere con il movimento pseudo meridionalisti di Miccichè, contiguo e connivente con il governo Berlusconi e indirettamente con la lega) che si pongono l’obiettivo di sfatare tutti i luoghi comuni, perpetuati da un secolo e mezzo, verso i meridionali.

Sul divario Nord-Sud e sul conseguente prodotto economico, che è stato costruito, almeno in parte, il successo della Lega Nord , cioè senza il Sud la ricchezza pro-capite, dei cittadini della Padania, sarebbe stata maggiore perché lo sgravio fiscale sarebbe stato minore; da cui rivendicazione di federalismo, seccessione etc, oltre che un palese astio verso i cittadini parassiti del Sud (basta ascoltare qualche volta radio Padania).

Da meridionale che vive in Veneto come capita al sottoscritto sin dall’adolescenza, e dopo qualche decennio vissuto col senso di colpa e inferiorità per essere nato al Sud e essere forse portatore di qualche gene abnorme (secondo le teorie Lombrosiane), ciò nonostante il conseguimento di una laurea, di specializzazioni varie, della vincita di una decina di concorsi pubblici (senza raccomandazioni), oltre che di una consolidata affermazione professionale (titoli tutti conseguiti presso Università e Istituzioni del Nord, ciò chiarito per non fugare dubbi), è poi giunto il momento di capire, assieme a molti altri conterranei (meridionali), come stanno realmente le cose.

Ho così scoperto, leggendo, approfondendo e consultando documenti ufficiali, che la storia dell’Unità d’Italia è ben altra cosa rispetto alla storiografia ufficiale e che la ricorrenza dei 150 anni, nel privilegiare la retorica rispetto all’analisi critica, è stata un’occasione persa per meglio spiegare i rapporti tra il Nord e il Sud dell’Italia e che proprio la mancanza di informazioni sull’argomento, è stata la principale generatrice della fortuna della Lega Nord.

Il Regno delle due Sicilie era uno stato pacifico, con una ricchezza molto superiore agli altri stati della penisola e con un livello d’industrializzazione inferiore in Europa soltanto a Francia e Inghilterra. I piemontesi e Garibaldi lo hanno invaso senza una dichiarazione di guerra (così come oltre un secolo dopo fece Saddam Hussein con il Kuwait), e conquistato grazie ad azioni di corruttela degli ufficiali borbonici e all’alleanza con le classi meridionali più losche (mafia e camorra comprese) spogliandolo delle sue ricchezze, chiudendo le sue industrie, massacrando i suoi abitanti (donne e bambini compresi) e soprattutto impedendone lo sviluppo socio-economico a scapito del Nord.

Per chi volesse seguire il percorso storico-culturale, dall’unità fino ai giorni nostri, che spiega alcune della ragioni che hanno reso il Sud subalterno all’economia del Nord, mi limito a consigliare il consulto di scritti di intellettuali ed economisti, sia meridionali che settentrionali, come Nitti, Dorso, Salvemini, Rossi Doria, Saraceno, Sebregondi o, autori più recenti come Aprile, Di Fiore, Ciano, Patruno, Del Boca.

Un’idea piutosto emblematica del problema si può trarre dalle frasi scritte da due grandi intellettuali di segno opposto:“ Lo stato italiano è stato una dittatura feroce che ha messo a ferro e fuoco l’Italia meridionale, crocifiggendo, squartando, seppellendo vivi i contadini poveri che gli scrittori salariati tentarono d’infamare col marchio di briganti “ (A. Gramsci) – “Sì è vero che noi settentrionali abbiamo contribuito qualcosa di meno per l’unità. Peccammo di egoismo quando il settentrione fece una barriera doganale per assicurare alle proprie industrie il monopolio del mercato meridionale. Riuscimmo a far affluire dal Sud al Nord enormi ricchezze” (L. Einaudi).

Ci viene da sempre rinfacciato che il meridione avrebbe beneficiato di ingenti somme, poi sperperate, tramite la cassa per il mezzogiorno; scopro poi che queste somme, dell’entità dello 0,5 % del PIL, dovevano contribuire, tramite un intervento straordinario, a fare quello che nel resto d’Italia veniva effettuato tramite leggi e finanziamenti ordinari.

I presunti o forse veri sperperi dei tempi della Cassa per il Mezzogiorno hanno così reso giustificabile, secondo la morale Leghista, la “raffinata” operazione di trasferimento dei fondi FAS, destinati alle aree sottosviluppate, alla copertura delle multe dei lattai padani.

Giunti ai nostri giorni leggo che l’Economista Paolo Savona (già ministro del governo Ciampi), attraverso una ricerca statistica, ha scoperto che, nel 2010, su 72 miliardi di euro, spesi da cittadini del Sud per beni di consumo, 63 sono andati al Nord e 9 al Sud; ebbene nonostante ciò, i nostri “fratelli” del Nord si lamentano di pagare più tasse, così come il sociologo Ricolfi conferma nel suo tautologico libro “Il sacco del Nord”; secondo la loro logica è giusto che a pagare più tasse siano quelli che guadagnano meno e che arricchiscono gli altri.

Si pretende poi che il Sud diventi competitivo economicamente, dimenticando però che ci sono il 30 % di infrastrutture in meno rispetto al resto del paese, che esiste l’autostrada più disastrata d’Europa, la Salerno-Reggio Calabria, i cui lavori sono in mano anche ad aziende del Nord.

Con questo non si vuole certamente dimenticare le gravi responsabilità di politici meridionali certamente molto più attenti ai loro interessi che non a quelli delle popolazioni che avrebbero dovuto tutelare.

Vengono giustamente messi in risalto sprechi e ruberie da poteri meridionali malavitosi, mentre sembrano più “leggiadri” i livelli di corruzione dei poteri del Nord, basta ricordare l’iter tangentizio scoperto per la costruzione della Metropolitana di Milano negli anni ’80, o le autostrade Torino-Novara o Firenze- Bologna, costate sette otto volte in più di quelle francesi o spagnole.

Mi si potrà certamente accusare di essere di parte e forse lo sono, ma trovo incivile e grossolano individuare, nel Sud, il capro espiatorio dei mali dell’Italia, come se Tangentopoli fosse nata a Napoli e non a Milano (con Bossi condannato per avere intascato tangenti Enimont); oppure come se la truffa Parmalat si fosse sviluppata a Catania piuttosto che nella fantomatica Padania.

Poi si leva la croce al disoccupato calabrese assunto alla forestale che, in mancanza di altri sbocchi lavorativi, guadagna 1200 euro al mese e venga ritenuto un ladro, mentre il figlio di Bossi che di euro al mese ne guadagna all’incirca 12000 (pur risultando uno studente non particolarmente brillante) viene considerato un giovane politico emergente.

Tutto questo succede a dispetto di milioni di cittadini settentrionali onesti, come di milioni di cittadini meridionali onesti.

Vincenzo Cesario

Coord. Provinciale Verona del Partito del Sud


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