sabato 20 agosto 2011

LA LIBIA, UNA GUERRA NEL SILENZIO


La Libia continua a vivere nell'instabilità politica e sociale avvolta dalla coltre del silenzio internazionale.

Dimenticato dai media ed escluso dall'interesse diplomatico mondiale, il popolo libico continua a vivere il dramma di una guerra combattuta anche dalle forze militari del nostro Paese. Senza ipocrisia politica e con senso di responsabilità istituzionale, infatti, sarebbe opportuno che tutti noi ammettessimo la verità di quanto si sta consumando a danni del popolo libico: da mesi l'Italia bombarda la nazione che per anni è stata sottoposta alla tirannide di Gheddafi, aggiungendo sofferenza e mortificazione ad una comunità che ha già pagato un prezzo salatissimo in termini di diritti umani, libertà civili, sviluppo e crescita. Questa guerra, che vede protagonisti anche i nostri militari, è determinata non solo dagli interessi economico-finanziari nostrani, ma anche (e forse soprattutto) da quelli di altri paesi europei che da sempre guardano con occhi affamati il Nord Africa e sulle cui spalle pesa la macchia passata di forme ingiuste e barbariche di colonialismo.

Così le nostre forze armate sono chiamate a combattere un conflitto per conto terzi, in un contesto nazionale di profonda crisi economica, come dimostra la manovra impegnativa approvata dal governo. Non per retorica, ma la domanda che si pone è perchè tutto questo accada e accada nel silenzio politico generale.

Come mi è stato confermato in diversi contesti e da diverse fonti, come dimostrano i rapporti delle ong e delle associazioni per la pace, ogni caccia bombardiere italiano in missione non costa meno di 100 mila euro. Denaro pubblico che si aggiunge ad ulteriori spese, come quelle delle basi per le operazioni di bombardamento e simili.

Questa politica militare dispendiosa, che danneggia anche gli interessi delle imprese italiane che in Libia hanno investito, è una offesa agli italiani a cui vengono imposti il rigore, la crescita delle tasse o delle tariffe, la svendita dei beni comuni.

Una offesa agli italiani costretti a subire una manovra economica "lacrime e sangue" di risposta ad una contingenza economica difficile. Questa politica militare, dunque, grava sulle spalle del nostro paese e sulle spalle del popolo libico, vittima inaccettabile di una inaccettabile omertà internazionale, senza che almeno ci sia un quadro diplomatico chiaro, senza che sia noto l'obiettivo politico, senza che sia conosciuto il vero scenario del conflitto. Il ministro della Difesa La Russa dovrebbe chiarire e il parlamento assumersi l'onere di un dibattito serio sulle missioni internazionali costantemente rifinanziate senza una riflessione adeguata e una adeguata sincerità politica.

La Siria e il regime in decadenza di Assad sono, in queste ore, al centro del biasimo americano ed europeo, mentre si paventano sanzioni pesanti da parte dell'ONU in sede di Consiglio di sicurezza su sollecitazione del Consiglio dei diritti umani, alla luce dei 2mila morti in 5 mesi da parte delle forze di sicurezza. In Medioriente riprende (perchè mai cessata) la violenza israelo-palestinese.

Pochi mesifa, invece, il movimento civile di liberazione in Egitto e Tunisia. Il Nord Africa e il Medioriente ci impongono una riflessione seria sul nostro ruolo (compreso quello dell'Ue) anche sotto il profilo dell'impegno militare in scenari di conflitto poco chiari e ambigui, perchè ci impongono il sostegno alla democratizzazione senza ridurla al protagonismo delle armi. Per questo sono convinto della necessità di un confronto parlamentare e politico che parta dalla nostra politica estera e che veda l'Italia promotrice di un confronto anche in sede europea e internazionale.

Per questo sono convinto nel promuovere a marzo, a Napoli, un summit sul Mediterraneo come nuovo laboratorio democratico che riunisca movimenti, associazioni e partiti che hanno cercato e stanno cercando la strada della libertà e del diritto, sperando nel nostro sostegno che certo non vogliono avvenga in forma militare o di neocolonizzazione.


Fonte: Luigi de Magistris


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La Libia continua a vivere nell'instabilità politica e sociale avvolta dalla coltre del silenzio internazionale.

Dimenticato dai media ed escluso dall'interesse diplomatico mondiale, il popolo libico continua a vivere il dramma di una guerra combattuta anche dalle forze militari del nostro Paese. Senza ipocrisia politica e con senso di responsabilità istituzionale, infatti, sarebbe opportuno che tutti noi ammettessimo la verità di quanto si sta consumando a danni del popolo libico: da mesi l'Italia bombarda la nazione che per anni è stata sottoposta alla tirannide di Gheddafi, aggiungendo sofferenza e mortificazione ad una comunità che ha già pagato un prezzo salatissimo in termini di diritti umani, libertà civili, sviluppo e crescita. Questa guerra, che vede protagonisti anche i nostri militari, è determinata non solo dagli interessi economico-finanziari nostrani, ma anche (e forse soprattutto) da quelli di altri paesi europei che da sempre guardano con occhi affamati il Nord Africa e sulle cui spalle pesa la macchia passata di forme ingiuste e barbariche di colonialismo.

Così le nostre forze armate sono chiamate a combattere un conflitto per conto terzi, in un contesto nazionale di profonda crisi economica, come dimostra la manovra impegnativa approvata dal governo. Non per retorica, ma la domanda che si pone è perchè tutto questo accada e accada nel silenzio politico generale.

Come mi è stato confermato in diversi contesti e da diverse fonti, come dimostrano i rapporti delle ong e delle associazioni per la pace, ogni caccia bombardiere italiano in missione non costa meno di 100 mila euro. Denaro pubblico che si aggiunge ad ulteriori spese, come quelle delle basi per le operazioni di bombardamento e simili.

Questa politica militare dispendiosa, che danneggia anche gli interessi delle imprese italiane che in Libia hanno investito, è una offesa agli italiani a cui vengono imposti il rigore, la crescita delle tasse o delle tariffe, la svendita dei beni comuni.

Una offesa agli italiani costretti a subire una manovra economica "lacrime e sangue" di risposta ad una contingenza economica difficile. Questa politica militare, dunque, grava sulle spalle del nostro paese e sulle spalle del popolo libico, vittima inaccettabile di una inaccettabile omertà internazionale, senza che almeno ci sia un quadro diplomatico chiaro, senza che sia noto l'obiettivo politico, senza che sia conosciuto il vero scenario del conflitto. Il ministro della Difesa La Russa dovrebbe chiarire e il parlamento assumersi l'onere di un dibattito serio sulle missioni internazionali costantemente rifinanziate senza una riflessione adeguata e una adeguata sincerità politica.

La Siria e il regime in decadenza di Assad sono, in queste ore, al centro del biasimo americano ed europeo, mentre si paventano sanzioni pesanti da parte dell'ONU in sede di Consiglio di sicurezza su sollecitazione del Consiglio dei diritti umani, alla luce dei 2mila morti in 5 mesi da parte delle forze di sicurezza. In Medioriente riprende (perchè mai cessata) la violenza israelo-palestinese.

Pochi mesifa, invece, il movimento civile di liberazione in Egitto e Tunisia. Il Nord Africa e il Medioriente ci impongono una riflessione seria sul nostro ruolo (compreso quello dell'Ue) anche sotto il profilo dell'impegno militare in scenari di conflitto poco chiari e ambigui, perchè ci impongono il sostegno alla democratizzazione senza ridurla al protagonismo delle armi. Per questo sono convinto della necessità di un confronto parlamentare e politico che parta dalla nostra politica estera e che veda l'Italia promotrice di un confronto anche in sede europea e internazionale.

Per questo sono convinto nel promuovere a marzo, a Napoli, un summit sul Mediterraneo come nuovo laboratorio democratico che riunisca movimenti, associazioni e partiti che hanno cercato e stanno cercando la strada della libertà e del diritto, sperando nel nostro sostegno che certo non vogliono avvenga in forma militare o di neocolonizzazione.


Fonte: Luigi de Magistris


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