venerdì 20 maggio 2011

E’ possibile un Sud “separato” dal resto d’Italia?

Piccola premessa e considerazione all'articolo di Sicilia Informazioni, sul ruolo svolto dal PdSUD anche a Bologna:

LA PARTITA DEL PSUD NEL NORD

In diverse realtà del Nord, a partire da Bologna e Mantova , il Psud ha inserito propri candidati nelle liste dei Laici Socialisti e Riformisti di Nencini, schierato con il centro-sinistra.Abbiamo contribuito, per quanto possibile, ma lo abbiamo fatto concretamente ,a contenere ed erodere l’asse nordista berlusconiano-leghista.Abbiamo contribuito a sconfiggere il candidato sindaco leghista a Bologna.

( Percentuale voti lista "Laici Socialisti Riformisti", con presenza di un candidato indipendente PdSUD , in alleanza con Merola = 0,59%; percentuale rivelatasi fondamentale per eleggere Merola Sindaco di Bologna direttamente al primo turno con il 50,47%)

Queste sono le battaglie reali contro i nordisti leghisti razzisti. Non le chiacchiere al vento.

Fonte : Estratto dal comunicato 27 di Beppe De Santis

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http://www.youtube.com/watch?v=B17A44vhED0&feature=related




(essepi) Giulio Tremonti è lo Zelig della politica italiana. Colto, inteligente, sofisticato, è l’uomo che più di ogni altro riesce ad assecondare le aspettative delle platee, degli interlocutori, ascoltatori e folle migranti fra un convegno ed una tavola rotonda. Da qualche tempo a questa parte, tuttavia, questa attitudine al compiacimento poggia su una condizione di fondo, che il Mezzogiorno d’Italia faccia perdere la faccia al paese. I meridionali non sono coloro che vivono peggio del resto degli italiani, ma i colpevoli delle difficoltà del Paese. La palla al piede, come ha ribadito di recente.


Nello snocciolare dati, cifre e proponimenti il ministro dell’Economia cerca di dimostrare che al cospetto dell’Europa c’è un’Italia che fa un figurone e si trova in testa a tutto, mentre c’è un’altra Italia che arranca e fa perdere punti al paese. Egli fotografa impietosamente la realtà, facendo emergere come meglio non sarebbe possibile una separazione di fatto del paese, diviso fra il Nord che funziona e ottiene performance da pole position e il Sud che si trascina e, nel contempo trascina l’Italia in basso ad ogni classifica.


La separazione che Tremonti mostra è ben più inquietante e pericolosa di quella che i vari Calderoli, Bossi ed altri illustrano giorno dopo giorno, perché viene arredata di orpelli che hanno il crisma della verità: i numeri del sottosviluppo e delle difficoltà. Mentre sul “razzismo” strisciante e sulle valutazioni estempranee ci si può difendere e indignare, contro dati e cifre dalla secessione economica, fotografata sotto traccia dal ministro, è più difficile trovare buone ragioni.


Il fatto è che la fotografia non basta. Il Mezzogiorno d’Italia non è stato governato dai meridionali, non solo da loro, ma è stato “gestito” dai governi nazionali, che hanno avuto dall’unità d’Italia ad oggi, un occhio particolare per il Settentrione, la locomotiva da stimolare e assistere, prima di ogni altra cosa, perché i vagoni del resto del Paese potessero raggiungere le stazioni. Questa priorità è stata chiamata in modi diversi, che si possono ridurre in una sola proposizione, la politica dei due tempi, che è stata sposata sia dai governi, quanto dalle forze sociali, dalla finanza e dall’industria. In ogni crisi, si è prima puntellato il Nord, prima che intervenire al Sud. Il fatto che gli amministratori meridionali non abbiano brillato, non è stato ininfluente, ma le redini della borsa sono state sempre altrove, e questo è un fatto indiscutibile. Se oggi, dunque, si fotografa l’Italia a due velocità, una che corre (e non è proprio così), e l’altra che arranca ed appesantisce la prima, senza correggere il tiro e trovare strumenti per colmare il divario, e invece si utilizza lo stato dell’arte per proporre l’idea di una separazione di fatto – come fa il ministro – la diversità si acquisce a tutto danno di quella parte del Paese che sta peggio, cioè il Mezzogiorno.

Il ministro non può limitarsi a fotografare il Paese, deve spiegare come stanno le cose. Ma, a quanto pare, non ne ha affatto la voglia.


Nell’affrontare il conflitto fra la Lega e il Pdl, schierandosi con la Lega senza indugio, ha ottenuto da Berlusconi l’investitura alla successione (un’investitura che ha un valore virtuale, ma pur sempre un valore) grazie all’inossidabile amicizia con Umberto Bossi. Un risultato che è stato ripagato con una inconsueta presenza in campagna elettorale, che ha avuto a Bologna il momento di gloria con il famoso comizio dedicato a Merola, il nuovo sindaco di quella città.

E’ di qualche utilità che riferiamo il brano più interedsante di quel comizio “leghista”. Tremonti ha confessato che quando alle primarie gli hanno riferito che Merola sarebbe stato il candidato del Pd, ha creduto di trovarsi a Napoli ed ha perciò temuto in una partenopeizzazione di Bologna. La qual cosa gli ha suggerito che consegnando la città ai Merola di questo passo, i bolognesi si sarebbero svegliati prima o poi con un sindaco di nome Alì.


E’ questa la filosofia di Zelig. E’ lecito dubitare della sua volontà di “unificare”, economicamente, il Paese. La risposta più dura, istintiva, al Mezzogiorno, palla al piede del Paese, è venuta dal profondo sud, da Raffaele Lombardo, governatore della Sicilia. “Separiamoci”, ha detto Lombardo in un moto di stizza. Non è un progetto politico, né espressione di volontà, ma una reazione, nulla di più. Tuttavia, è un segno dei tempi, il grado di difficoltà relazione in cui si trova il Paese. I governanti del nord individuano in Merola e Alì le cause delle paure, quelli del Sud urlano la loro rabbia. E tutto finisce qui.


Fonte:Siciliainformazioni


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Piccola premessa e considerazione all'articolo di Sicilia Informazioni, sul ruolo svolto dal PdSUD anche a Bologna:

LA PARTITA DEL PSUD NEL NORD

In diverse realtà del Nord, a partire da Bologna e Mantova , il Psud ha inserito propri candidati nelle liste dei Laici Socialisti e Riformisti di Nencini, schierato con il centro-sinistra.Abbiamo contribuito, per quanto possibile, ma lo abbiamo fatto concretamente ,a contenere ed erodere l’asse nordista berlusconiano-leghista.Abbiamo contribuito a sconfiggere il candidato sindaco leghista a Bologna.

( Percentuale voti lista "Laici Socialisti Riformisti", con presenza di un candidato indipendente PdSUD , in alleanza con Merola = 0,59%; percentuale rivelatasi fondamentale per eleggere Merola Sindaco di Bologna direttamente al primo turno con il 50,47%)

Queste sono le battaglie reali contro i nordisti leghisti razzisti. Non le chiacchiere al vento.

Fonte : Estratto dal comunicato 27 di Beppe De Santis

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http://www.youtube.com/watch?v=B17A44vhED0&feature=related




(essepi) Giulio Tremonti è lo Zelig della politica italiana. Colto, inteligente, sofisticato, è l’uomo che più di ogni altro riesce ad assecondare le aspettative delle platee, degli interlocutori, ascoltatori e folle migranti fra un convegno ed una tavola rotonda. Da qualche tempo a questa parte, tuttavia, questa attitudine al compiacimento poggia su una condizione di fondo, che il Mezzogiorno d’Italia faccia perdere la faccia al paese. I meridionali non sono coloro che vivono peggio del resto degli italiani, ma i colpevoli delle difficoltà del Paese. La palla al piede, come ha ribadito di recente.


Nello snocciolare dati, cifre e proponimenti il ministro dell’Economia cerca di dimostrare che al cospetto dell’Europa c’è un’Italia che fa un figurone e si trova in testa a tutto, mentre c’è un’altra Italia che arranca e fa perdere punti al paese. Egli fotografa impietosamente la realtà, facendo emergere come meglio non sarebbe possibile una separazione di fatto del paese, diviso fra il Nord che funziona e ottiene performance da pole position e il Sud che si trascina e, nel contempo trascina l’Italia in basso ad ogni classifica.


La separazione che Tremonti mostra è ben più inquietante e pericolosa di quella che i vari Calderoli, Bossi ed altri illustrano giorno dopo giorno, perché viene arredata di orpelli che hanno il crisma della verità: i numeri del sottosviluppo e delle difficoltà. Mentre sul “razzismo” strisciante e sulle valutazioni estempranee ci si può difendere e indignare, contro dati e cifre dalla secessione economica, fotografata sotto traccia dal ministro, è più difficile trovare buone ragioni.


Il fatto è che la fotografia non basta. Il Mezzogiorno d’Italia non è stato governato dai meridionali, non solo da loro, ma è stato “gestito” dai governi nazionali, che hanno avuto dall’unità d’Italia ad oggi, un occhio particolare per il Settentrione, la locomotiva da stimolare e assistere, prima di ogni altra cosa, perché i vagoni del resto del Paese potessero raggiungere le stazioni. Questa priorità è stata chiamata in modi diversi, che si possono ridurre in una sola proposizione, la politica dei due tempi, che è stata sposata sia dai governi, quanto dalle forze sociali, dalla finanza e dall’industria. In ogni crisi, si è prima puntellato il Nord, prima che intervenire al Sud. Il fatto che gli amministratori meridionali non abbiano brillato, non è stato ininfluente, ma le redini della borsa sono state sempre altrove, e questo è un fatto indiscutibile. Se oggi, dunque, si fotografa l’Italia a due velocità, una che corre (e non è proprio così), e l’altra che arranca ed appesantisce la prima, senza correggere il tiro e trovare strumenti per colmare il divario, e invece si utilizza lo stato dell’arte per proporre l’idea di una separazione di fatto – come fa il ministro – la diversità si acquisce a tutto danno di quella parte del Paese che sta peggio, cioè il Mezzogiorno.

Il ministro non può limitarsi a fotografare il Paese, deve spiegare come stanno le cose. Ma, a quanto pare, non ne ha affatto la voglia.


Nell’affrontare il conflitto fra la Lega e il Pdl, schierandosi con la Lega senza indugio, ha ottenuto da Berlusconi l’investitura alla successione (un’investitura che ha un valore virtuale, ma pur sempre un valore) grazie all’inossidabile amicizia con Umberto Bossi. Un risultato che è stato ripagato con una inconsueta presenza in campagna elettorale, che ha avuto a Bologna il momento di gloria con il famoso comizio dedicato a Merola, il nuovo sindaco di quella città.

E’ di qualche utilità che riferiamo il brano più interedsante di quel comizio “leghista”. Tremonti ha confessato che quando alle primarie gli hanno riferito che Merola sarebbe stato il candidato del Pd, ha creduto di trovarsi a Napoli ed ha perciò temuto in una partenopeizzazione di Bologna. La qual cosa gli ha suggerito che consegnando la città ai Merola di questo passo, i bolognesi si sarebbero svegliati prima o poi con un sindaco di nome Alì.


E’ questa la filosofia di Zelig. E’ lecito dubitare della sua volontà di “unificare”, economicamente, il Paese. La risposta più dura, istintiva, al Mezzogiorno, palla al piede del Paese, è venuta dal profondo sud, da Raffaele Lombardo, governatore della Sicilia. “Separiamoci”, ha detto Lombardo in un moto di stizza. Non è un progetto politico, né espressione di volontà, ma una reazione, nulla di più. Tuttavia, è un segno dei tempi, il grado di difficoltà relazione in cui si trova il Paese. I governanti del nord individuano in Merola e Alì le cause delle paure, quelli del Sud urlano la loro rabbia. E tutto finisce qui.


Fonte:Siciliainformazioni


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1 commento:

Anonimo ha detto...

Un sud separato, non solo è possibile ma è necessario.Se, come anche voi dite ,il nostro territorio è stato sacrificato per assicurare , ieri come oggi, lo sviluppo economico del nord, non vi è altra soluzione per noi che riconquistare la nostra sovranità.La nostra crescita economica, in un Italia unita,porterebbe disoccupazione al nord per lo spostamento di alcune produzioni al sud, e questo non lo permetteranno mai.Non credete che queste cose andrebbero spiegate agli elettori meridionali? Non credete che anche voi . politici del partito del sud, dovreste uscire dalla minorità e cominciare a parlare di indipendenza? Altrimenti l'elettore non vede alcuna differenza tra il vostro programma e quello di molti altri partiti che, a differenza del vostro , vengono al sud solo per raccogliere voti. Anche loro chiedono al governo migliori condizioni per i meridionali, come fanno gli schiavi verso i loro padroni, ma nessuno di tali partiti ha, nel prorio programma, la libertà, dopo 150 anni,della nostra patria. Questa sarebbe una notevole differenza di programma.Abbiate più coraggio, anche perchè abbiamo poco da perdere.
Vi seguo sempre con interesse. Giuseppe Colucci.

 
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