venerdì 18 marzo 2011

Aldo Cazzullo, la camorra e l’art. 416-bis

garibaldi-napoli

15 marzo 2011 - Mala tempora currunt, e se a un qualsiasi procuratore della Repubblica capitasse di leggere l’articolo pubblicato sul Corsera il giorno 8 c.m. a firma di Cazzullo e titolato: “Quelle ragazze che fecero la Patria”, vista l’obbligatorietà dell’azione penale, il Cazzullo potrebbe rischiare di esseretrascinato in Tribunale con un’imputazione foriera di qualche possibile anno di galera, ospite nella stessa cella di Cuffaro.

Concorso esterno in associazione mafiosa, art. 416-bis c.p. La stessa Cassazione delinea tra i requisiti un’occasionalità e autonomia del contributo prestato. Inoltre la partecipazione coincide con un contributo casuale apprezzabile apportato dall’agente alla vita e alla conservazione dell’associazione.

Da ciò si evince che pur non facendo parte in modo organico della camorra, il Cazzullo con i suoi scritti fa apologia e difesa del sistema camorrista.

Qualcuno dirà che il carnevale è alle spalle e che sarebbe meglio parlare di cose serie. Ebbene, la lotta alla mafia, alla ndrangheta e alla camorra è forse un nuovo gioco di società o un annoso problema che a detta di numerosi giornali e giornalisti è necessario estirpare?

Noi propendiamo per la seconda soluzione, il Cazzullo invece sembra dare il solito colpo alla botte alternando un colpo al cerchio. Non è passato molto tempo da quando una linea di T shirt riportava scritte quali: “Mafia-Made in Italy”, “Cosa Nostra, Tipico Stile Italiano”, e amenità varie. Ci fu una levata di scudi, una protesta generale contro la diffusione e vendita di tali articoli peraltro molto richiesti. Un deputato presentò un’interpellanza chiedendo che venissero ritirate dal mercato e una sanzione verso il produttore. Non so quale esito abbia avuto questa campagna anti T-shirt paramafiose ma ciò sta a dimostrare quanto sia sensibile il tema “associazioni mafiose”.

Allora il Cazzullo, nella foga di scrivere il suo giornaliero articolo pro risorgimento e non smentendo la sua piemontese e lombrosiana prevenzione verso tutto ciò che stanzia al di sotto del Garigliano, nel tentativo di accreditarsi verso i suoi committenti (Comitato per i festeggiamenti per i 150 anni) e quindi assurgere alla storia come il più risorgimentalista del XXI secolo, scrive a getto continuo e purtroppo non trova il tempo per leggere altro che non sia il solito copia e incolla tanto caro agli studentelli poco volenterosi.

E la fregola del nostro amanuense lo porta a commettere errori che sfiorano o il ridicolo o l’apologia della camorra.

Nel suo articolo sopra citato il Cazzullo (è l’inizio della cazzulleide) scrive: “ Come Marianna De Crescenzo, che nel 1860 accoglie Garibaldi a Napoli alla testa di 200 armati” – Ecco il corpo del reato, Cazzullo trasforma una mignotta e camorrista in una eroina del risorgimento. E quindi fa apologia della camorra, un contributo causale ma che di fatto trasforma la camorra in una comitiva di combattenti per la libertà,quasi eroi da emulare.

È noto infatti anche ai non addetti ai lavori che questa Marianna era meglio nota come Giovannara, tenutrice di una casa di tolleranza e sodale con la camorra di cui un suo cugino Tore e’ Crescenzo era capobastone. Quanto ai 200 armati, il Cazzullo evita di dire che erano tutti camorristi chiamati da un altro camorrista ante litteram, Liborio Romano a svolgere funzioni di polizia, essi fecero da scorta a Garibaldi durante il suo soggiorno napoletano, scorta molto gradita dallo stesso Garibaldi il quale remunerò lautamente scorta e Giovannara, attingendo come era abitudine del nizzardo alla cassa del Banco di Napoli. La camorra grazie a Garibaldi entrava nelle stanze dei bottoni e da allora non è stata ancora cacciata.

Come rimproverare qualche ragazzotto con poco cervello se va in giro con una T-shirt da frikkettone borgataro, se il Corsera quello che una volta era “il Giornale”, presta le sue pagine alle corsare esternazioni di chi conosce poco o affatto la storia, anche quella delle piccole cose?

Oh Cazzullo, tu che aspiravi ad un posto al Pantheon o almeno una nicchia a Superga quale premio delle tue fatiche per questi 150 anni dacché voi (tu) vi faceste carico del fardello del Sud, quel Sud depresso e clientelare, mafioso e disoccupato, abusivista e criminale, quel Sud che è stato sempre così e questo almeno nella considerazione che civili erano solo quelli che scendevano dal Nord.

Noi caro Cazzullo eravamo e nonostante tutto restiamo una Nazione, e non saranno certo le sciocchezze che a fiumi scrittori e giornalisti “salariati” continuano a produrre, non saranno questi festeggiamenti che potranno farci sentire un improvviso amor di patria per questa tua patria.

Noi celebriamo, non festeggiamo, i nostri caduti, mai ricordati e anzi ignorati ed infangati dalla agiografia risorgimentale. Noi non ci sentiamo affatto partecipi agli elogi che tu levi a ricordare“l’eroismo” di una zoccola che tu intendi trasformare in eroina. Non siamo ancora tanto emancipati, siamo del Sud, ancora indigeni da colonizzare.

Un certo Giuliotti scriveva: “Il giornalista è in fondo la parodia della potenza, il servitore vestito da padrone, il feto dell’intelligenza che non si sviluppa né muore. Quando questo falso dominatore si vanta di trarre i fili a una infinità di burattini e di divertirsi al giuoco, è bugiardo. Vi sono dei burattinai ai quali serve, ai quali si inchina, ai quali lecca i piedi…” (tratto da L’ora di Barabba).

Forse il Giuliotti pensava ai tanti scriba che ai rari giornalisti di oggi.

Fonte:Blog Sicilia


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15 marzo 2011 - Mala tempora currunt, e se a un qualsiasi procuratore della Repubblica capitasse di leggere l’articolo pubblicato sul Corsera il giorno 8 c.m. a firma di Cazzullo e titolato: “Quelle ragazze che fecero la Patria”, vista l’obbligatorietà dell’azione penale, il Cazzullo potrebbe rischiare di esseretrascinato in Tribunale con un’imputazione foriera di qualche possibile anno di galera, ospite nella stessa cella di Cuffaro.

Concorso esterno in associazione mafiosa, art. 416-bis c.p. La stessa Cassazione delinea tra i requisiti un’occasionalità e autonomia del contributo prestato. Inoltre la partecipazione coincide con un contributo casuale apprezzabile apportato dall’agente alla vita e alla conservazione dell’associazione.

Da ciò si evince che pur non facendo parte in modo organico della camorra, il Cazzullo con i suoi scritti fa apologia e difesa del sistema camorrista.

Qualcuno dirà che il carnevale è alle spalle e che sarebbe meglio parlare di cose serie. Ebbene, la lotta alla mafia, alla ndrangheta e alla camorra è forse un nuovo gioco di società o un annoso problema che a detta di numerosi giornali e giornalisti è necessario estirpare?

Noi propendiamo per la seconda soluzione, il Cazzullo invece sembra dare il solito colpo alla botte alternando un colpo al cerchio. Non è passato molto tempo da quando una linea di T shirt riportava scritte quali: “Mafia-Made in Italy”, “Cosa Nostra, Tipico Stile Italiano”, e amenità varie. Ci fu una levata di scudi, una protesta generale contro la diffusione e vendita di tali articoli peraltro molto richiesti. Un deputato presentò un’interpellanza chiedendo che venissero ritirate dal mercato e una sanzione verso il produttore. Non so quale esito abbia avuto questa campagna anti T-shirt paramafiose ma ciò sta a dimostrare quanto sia sensibile il tema “associazioni mafiose”.

Allora il Cazzullo, nella foga di scrivere il suo giornaliero articolo pro risorgimento e non smentendo la sua piemontese e lombrosiana prevenzione verso tutto ciò che stanzia al di sotto del Garigliano, nel tentativo di accreditarsi verso i suoi committenti (Comitato per i festeggiamenti per i 150 anni) e quindi assurgere alla storia come il più risorgimentalista del XXI secolo, scrive a getto continuo e purtroppo non trova il tempo per leggere altro che non sia il solito copia e incolla tanto caro agli studentelli poco volenterosi.

E la fregola del nostro amanuense lo porta a commettere errori che sfiorano o il ridicolo o l’apologia della camorra.

Nel suo articolo sopra citato il Cazzullo (è l’inizio della cazzulleide) scrive: “ Come Marianna De Crescenzo, che nel 1860 accoglie Garibaldi a Napoli alla testa di 200 armati” – Ecco il corpo del reato, Cazzullo trasforma una mignotta e camorrista in una eroina del risorgimento. E quindi fa apologia della camorra, un contributo causale ma che di fatto trasforma la camorra in una comitiva di combattenti per la libertà,quasi eroi da emulare.

È noto infatti anche ai non addetti ai lavori che questa Marianna era meglio nota come Giovannara, tenutrice di una casa di tolleranza e sodale con la camorra di cui un suo cugino Tore e’ Crescenzo era capobastone. Quanto ai 200 armati, il Cazzullo evita di dire che erano tutti camorristi chiamati da un altro camorrista ante litteram, Liborio Romano a svolgere funzioni di polizia, essi fecero da scorta a Garibaldi durante il suo soggiorno napoletano, scorta molto gradita dallo stesso Garibaldi il quale remunerò lautamente scorta e Giovannara, attingendo come era abitudine del nizzardo alla cassa del Banco di Napoli. La camorra grazie a Garibaldi entrava nelle stanze dei bottoni e da allora non è stata ancora cacciata.

Come rimproverare qualche ragazzotto con poco cervello se va in giro con una T-shirt da frikkettone borgataro, se il Corsera quello che una volta era “il Giornale”, presta le sue pagine alle corsare esternazioni di chi conosce poco o affatto la storia, anche quella delle piccole cose?

Oh Cazzullo, tu che aspiravi ad un posto al Pantheon o almeno una nicchia a Superga quale premio delle tue fatiche per questi 150 anni dacché voi (tu) vi faceste carico del fardello del Sud, quel Sud depresso e clientelare, mafioso e disoccupato, abusivista e criminale, quel Sud che è stato sempre così e questo almeno nella considerazione che civili erano solo quelli che scendevano dal Nord.

Noi caro Cazzullo eravamo e nonostante tutto restiamo una Nazione, e non saranno certo le sciocchezze che a fiumi scrittori e giornalisti “salariati” continuano a produrre, non saranno questi festeggiamenti che potranno farci sentire un improvviso amor di patria per questa tua patria.

Noi celebriamo, non festeggiamo, i nostri caduti, mai ricordati e anzi ignorati ed infangati dalla agiografia risorgimentale. Noi non ci sentiamo affatto partecipi agli elogi che tu levi a ricordare“l’eroismo” di una zoccola che tu intendi trasformare in eroina. Non siamo ancora tanto emancipati, siamo del Sud, ancora indigeni da colonizzare.

Un certo Giuliotti scriveva: “Il giornalista è in fondo la parodia della potenza, il servitore vestito da padrone, il feto dell’intelligenza che non si sviluppa né muore. Quando questo falso dominatore si vanta di trarre i fili a una infinità di burattini e di divertirsi al giuoco, è bugiardo. Vi sono dei burattinai ai quali serve, ai quali si inchina, ai quali lecca i piedi…” (tratto da L’ora di Barabba).

Forse il Giuliotti pensava ai tanti scriba che ai rari giornalisti di oggi.

Fonte:Blog Sicilia


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